Cosa sono le Vanitas?

Cosa rappresentano i teschi disseminati nell’arte?

Lo sapevi che le Nature Morte…parlano di morte?

Cosa sono i trionfi della morte?

In questo articolo vi racconterò del rapporto tra l’arte e la morte.

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Stavolta Salsa d’Arte è “dall’altra parte”.


Invece di essere io ad intervistare, sono stata intervistata!
L’argomento può spaventare, ma è parte inevitabile (sconosciuta, misteriosa) della nostra vita.
E gli artisti lo avevano capito.

Emily Dardiz, nel il suo canale Tratto da una storia vera, ospita due “Salse d’Arte” per parlare di come gli artisti hanno raccontato il tema della morte.

La vita è effimera. La morte è equa.

Guarda l’altro episodio: La morte nell’arte | L’umanità dietro il sacro

La morte nell’arte | Vanitas, scheletri e Memento Mori

La morte nell’arte | Gli scheletri del Barocco

Partiamo da un secolo particolare: il Seicento, secolo del Barocco.

Il Seicento è stato dominato dall’ossessiva riflessione sulla caducità della vita e alla transitorietà della fortuna, concetti spesso abbinati.

Nell’arte tutto ciò si è tradotto con l’utilizzo raffigurazioni particolari, allegorie della morte, dei memento mori, e le cosiddette Vanitas, di cui parlerò tra poco.

Il Barocco era un’epoca che aveva l’esigenza di persuadere e meravigliare, facendo leva su sentimenti estremi come l’orrore e l’estasi. A questo scopo si sono utilizzati moltissimo i motivi lugubri e gli emblemi di morte per impressionare lo spettatore.

Il Barocco è una grande operazione di propaganda della Chiesa Cattolica, che deve proclamare il suo fasto e la sua potenza in un’epoca di forti tensioni con la Chiesa Protestante.

Vediamo degli esempi.

Bernini, famosissimo scultore e architetto, è stato l’artista barocco per eccellenza. Vediamo due sue opere particolarmente emblematiche dell’argomento della morte nell’arte, sia per lo stile, sia perché si tratta di monumenti funebri.

Bernini: Il sepolcro di Urbano VIII

Il sepolcro di papa Urbano VIII di Bernini (1628) si trova nella Basilica di S. Pietro. È un’opera sontuosa ed elegante, realizzata in materiali dai colori diversi (bronzo, marmi colorati), proprio come andava di moda all’epoca; il Papa è ritratto in atteggiamento imperioso.

Ma la cosa più interessante è lo scheletro sta apponendo la scritta sul rilievo, sopra al quale sta seduto il papa defunto.

Un dettaglio macabro che ci fa ricordare bene la presenza della morte!
Questo scheletro ci fa un po’ rabbrividire… ed è proprio ciò che deve fare…

Bernini: Il sepolcro di Alessandro VII

Ancora più impressionante è la tomba di Papa Alessandro VII, realizzata dal 1672 al 1678. La presenza dello scheletro diventa ancora più teatrale, la tomba diventa una specie di palcoscenico.

Bernini è un esperto di “effetti speciali” ante-litteram.

Il monumento è composto dal pontefice inginocchiato tra quattro statue femminili che impersonificano le virtù (Carità, Verità, Giustizia e Prudenza); le statue sono in marmo bianco, in contrasto con il rosso del panneggio e il verde e il nero degli altri materiali.

Al centro in basso c’è un pesante drappo marmoreo da cui emerge, mentre è ancora parzialmente nascosto come se ne stesse liberando a fatica, uno scheletro con ali di piume, che impugna una clessidra in bronzo dorato, simbolo lo scorrere inesorabile del tempo e quindi della fine inevitabile…!

Tutto questo si trova sopra ad una porta vera, che si apre sul serio su un altro ambiente e che non è parte della scultura; la porta diventa concettualmente il passaggio all’aldilà. È un uso davvero innovativo e “con effetto wow” di un elemento architettonico.

E’ una trovata scenografica, spettacolare e di forte impatto.

Questo è proprio l’apice del Barocco!

Emily: E’ molto impressionante. È una provocazione, come nel caso di Caravaggio di cui parlavi l’altra volta?

Non proprio, in questo caso l’effetto è decisamente voluto. Il Barocco è una grande operazione di propaganda della Chiesa Cattolica, che deve proclamare il suo fasto e la sua potenza in un’epoca di forti tensioni con la Chiesa Protestante. Tutta la potenza della Chiesa viene messa in evidenza. Caravaggio scandalizza per eccesso di umanità e realismo, ma qui non c’è realismo, c’è teatro, spettacolo, fasto.

Guercino: Et in Arcadia Ego

Questi artisti vogliono ricordarci il “memento mori”, cioè che dobbiamo vivere tenendo a mente che la morte è una realtà inevitabile e che quindi faremmo bene a rimanere sulla retta via. Questo accade anche in opere con meno “effetti speciali”.

Il Guercino (nel 1618-22) dipinge due pastori in un boschetto: una scena molto tranquilla. Solo che anche qui scoprono un teschio! E’ posato su una pietra su cui c’è un iscrizione molto significativa: “Et in Arcadia ego”, che si può tradurre con “Sono anche in Arcadia” (l’Arcadia era una regione della Grecia considerata idilliaca, perfetta).

Significa che anche nel posto più bello del mondo, tra la perfezione assoluta, arriva la morte.

La morte nell’arte | Vanitas, scheletri e Memento Mori

Vanitas e Nature… Morte

Queste riflessioni ci sono anche quando le persone mancano dai quadri. 

Il seicento ha inventato, oltre al Barocco, anche la Natura Morta.

Immagino che tanti di voi ritengano le nature morte dei quadri puramente decorativi, ma in realtà non è così: quasi sempre, almeno nel Seicento, le nature morte sono delle Vanitas.

Le Vanitas erano nature morte composte da elementi simbolici, che alludevano alla fugacità del tempo e all’ineluttabilità della morte. 

Per esempio vediamo spesso una fogliolina appassita, una mosca o un bruco che rosicano le foglie… tutti questi dettagli non sono solo dovuti ad una passione per il naturalismo ma sono dei simboli, sparsi qua e là, che ci ricordano che tutte le cose sono destinate ad appassire e svanire. 

Vediamo per esempio il canestro di Frutta di Caravaggio.
Dietro l’apparente semplicità di questo quadro si nasconde una riflessione sulla brevità della vita umana, attraverso la foglia di vite che avvizzisce.

Può essere divertente, per chi si approccia alla storia dell’arte per la prima volta, andare a cercare questi “segni” nelle nature morte, una volta che si è scoperta questa chiave di lettura!

A questo tema delle Vanitas si dedicarono specialmente i pittori olandesi.

Nicolaes Van Verendael rappresenta la caducità della vita con simboli molto chiari: il teschio, la candela spenta (la vita che se n’è andata), la clessidra rovesciata (il tempo), i fiori che appassiranno…. e soprattutto la bolla di sapone, destinata ad un’esistenza di pochi secondi.

Emily: E’ una trovata davvero favolosa quella della bolla che rappresenta il tempo che passa!

Pieter Claesz (1656) compone una Vanitas quasi monocroma in cui tutti gli elementi fanno riferimento all’inesorabile trascorrere del tempo, alla fugacità e dunque all’avvicinarsi della morte.

Jan Brueghel il Vecchio crea una Vanitas potente di soli tre elementi: un bellissimo tulipano, un macabro teschio e, ancora una volta, la clessidra. 

Questi dettagli talvolta vanno dal macabro al raccapricciante. Se non sei troppo sensibile nel vedere visceri e budella, non perderti l’altro mio articolo su questo argomento: Natura morta…splatter!

La morte nell’arte | Vanitas, scheletri e Memento Mori

La morte nell’arte: Santi a cui piacciono i teschi

Uno dei temi più diffusi nella pittura del Seicento è quello del santo o del filosofo che medita sulla morte: Caravaggio dipinge San Gerolamo con il teschio, mentre George de la Tour riprende diverse volte la Maddalena penitente con dei bellissimi effetti al lume di candela.

Indoviniamo questa donna bellissima (la vediamo appena, nel controluce) a contrasto con il teschio. Sono immagini affascinanti, molto intime; sentiamo che quella persona è raccolta dentro di sé, nei suoi pensieri.

Abbiamo la percezione del silenzio, sentiamo che dobbiamo abbassare la voce per non disturbarla.

Emily: In questi quadri in controluce possiamo solo immaginare ciò che non si vede (è seduta su una sedia?); allo stesso modo ci si immagina, al di là della propria credenza, ciò che c’è dopo la morte. Possiamo solo immaginarlo, ma non lo sappiamo.

Ti stai chiedendo dove hai già visto una delle due Maddalene? E’ comparsa come Easter Egg in un famosissimo classico Disney! Scoprilo in quest’articolo.

Il trionfo della morte

Abbiamo esplorato vari modi in cui il Seicento ha dipinto e scolpito quel Memento Mori da cui tutti sembravano ossessionati. Ma questa ossessione è nata dal nulla?

Non proprio. Anche se questo tema non era così tanto frequente, c’è un’iconografia molto particolare che era presente nei secoli precedenti che si pone perfettamente in continuità con esso: il trionfo della morte.

Nel nord Europa lo incontriamo fino al 500 inoltrato, con Peter Bruegel il Vecchio (1562)

E’ molto vivace, molto macabro, e rappresenta un terrificante campionario in cui la morte può cogliere le persone. E’ un’opera che merita di essere ingrandita e guardata da vicino per un migliore apprezzamento dei dettagli.

In Italia il Trionfo della morte più famoso si trova in Sicilia (galleria regionale di Palazzo Abbatellis, palermo (1446) , affresco staccato), di autore sconosciuto.

La Morte è uno scheletro con faretra e falce, cavalca un cavallo pure scheletrico, e scocca frecce mortali uccidendo i presenti.

Ciò che è importante notare è che i personaggi appartengano a tutte le classi sociali! Il messaggio è: “La morte è equa, prende tutti, ricchi e poveri, giovani e vecchi”.

I giovani aristocratici si divertono non si stanno accorgendo di quanto accade, ma anche loro saranno colpiti…

E’ molto inquietante ma allo stesso tempo c’è quasi un tocco pungente, ironico. Lo stile è straordinariamente moderno, con un cavallo scheletrico che ricorda la Guernica di Picasso.

Emily: Questo di cui abbiamo parlato oggi è lo scopo anche del mio progetto “Tratto da una storia vera”: sappiamo che la morte arriva, perché non parlarne, perché non esorcizzarla, perché non utilizzarla per dare valore alla nostra vita?

In che modo può essere utile a chi resta ciò di cui abbiamo parlato oggi?

Mi sembra molto evidente che l’insegnamento dell’arte di cui abbiamo parlato oggi sia di godere del presente e della bellezza, perché è effimera. È un insegnamento talmente grande e che anche se lo sappiamo, tendiamo a dare per scontato, che non mi sento di aggiungere altro.
Credo che le Vanitas siano delle maestre.