Sappiamo tutti cos’è il politeismo, ovvero, in soldoni, una religione che venera numerose divinità.
Molte culture del passato si riconoscevano in una religione politeista, ma ci sono degli dei che ci sono molto più familiari degli altri: sono quelli della cultura greco-romana, ovvero Venere, Giove, Diana, Apollo, Mercurio, eccetera.
Da loro abbiamo preso i nomi per i giorni della settimana e persino per i pianeti del sistema solare.
Cos’hanno però di tanto speciale?
I greci ed i romani erano due popolazioni diverse, con lingue diverse.
A causa della loro storia interconnessa e dell’assimilazione della cultura greca da parte della Roma antica, si parla oggi di cultura greco-romana, o meglio ancora, di cultura classica, un termine che comprende le conoscenze, le arti, la letteratura e la mitologia sviluppate da questi due popoli.
La mitologia del mondo classico è ricca di racconti e tradizioni e le divinità hanno solitamente sia un nome greco sia uno latino: ad esempio Afrodite corrisponde a Venere, Zeus a Giove.
I racconti greci di Omero ed Esiodo vennero ampliati ed arricchiti con quelli degli autori latino, come Virgilio ed Ovidio.
Con la nuova religione cristiana dal IV secolo d C, le antiche divinità pagane persero il posto d’onore all’interno dei templi e ai racconti epici si sostituirono le storie dei santi. Tutto rischiò quasi di essere dimenticato.
Circa mille anni più tardi, però, avvenne un cambiamento, qualcosa di nuovo.
Gli studiosi e gli intellettuali, come Petrarca, iniziarono a riscoprire la cultura classica.
Nel ‘400 con il rafforzamento delle signorie in Italia si crearono dei circoli intellettuali raffinatissimi, come quello sorto attorno a Lorenzo il Magnifico, e la cultura classica venne riscoperta, studiata: spesso veniva riletta in chiave simbolica, come allegoria morale o mistica.
Agli artisti, che in quegli anni sempre più andavano a studiare e a copiare le rovine romane, iniziarono a venire commissionate opere che avevano per soggetto gli antichi racconti mitologici: ed ecco che nelle tele, negli affreschi, nei marmi iniziano a tornare trionfalmente le antiche divinità pagane, accompagnati da tutta una schiera di creature mitologiche, mostri, ninfe, satiri o centauri.
Ed è così che dalla Primavera di Botticelli per poi in tutta l’arte moderna incontriamo queste figure.
Vediamo tutti gli dei principali nel concilio degli dei dipinto da Raffaello nella loggia di Psiche alla Farnesina, risalente al 1517.
Qui tutti gli dei principali sono riuniti tra le nuvole dell’olimpo, ognuno è identificato dal suo simbolo: Minerva indossa l’elmo, Diana ha la luna, Mercurio il caduceo, Nettuno il tridente, e così via.
Ognuno ha di questi personaggi mitologici ha moltissime storie da raccontare, ed alcune le approfondiremo in altri articoli.
Li ritroviamo riuniti per una festa nel verde in questo delicato e campestre festino degli dei, dipinto dal pittore veneziano Giovanni Bellini nel 1514 e ritoccato pochi anni più tardi da Tiziano.
L’atmosfera di questo picnic è dolce e pacata, quasi di fiaba, una fiaba però con dettagli irriverenti; mentre il vino abbonda, Mercurio, ubriaco, è mollemente adagiato con un’espressione vaga ed vassoio in testa, mentre Nettuno cerca di allungare le mani sulla sua vicina Cibele.
Gli dei, si sa, hanno molti vizi, ed è per questa loro natura insieme perfetta ed imperfetta che hanno ispirato intellettuali ed artisti per secoli e continuano ad affascinarci tutt’oggi.