Il giapponismo, la passione per l’oriente all’epoca di Van Gogh. Con l’apertura del Giappone all’occidente, l’arte europea è stata rivoluzionata.

Le mode sono sempre esistite.
Una delle più influenti è stata quella del Giapponismo.

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Questo articolo è liberamente ispirato alla mostra che si è tenuta a Palazzo Roverella a Rovigo (28.09.19-26.01.29). Non tutte le opere qui riportate erano presenti in mostra.

All’improvviso tutti sfoggiavano kimoni, ventagli, tavolini laccati e stampe con con delle immagini che non si erano mai viste. Intendo dire, i soggetti non erano così strani, ma lo stile… non si era davvero mai visto.

E questo accadde dopo una data ben specifica, il 1853: il Giappone aveva aperto le sue porte al mondo. Da ben due secoli questo paese era chiuso in un volontario isolamento: nessuno poteva entrare o uscire, con pochissime eccezioni. Gli olandesi erano gli unici ad avere un permesso speciale per commerciare con i giapponesi. 

Pensate che il Giappone era così misterioso e fiabesco agli occhi degli europei che compare persino nel romanzo i viaggi di Gulliver, scritto nel 1726.
È unica terra non di fantasia citata nel libro, e Gulliver, per l’appunto, si finge olandese per entrare. 

Per tutta la seconda metà dell’ottocento i manufatti giapponesi invadono l’Europa, creando una vera passione per quello stile così esotico e completamente diverso dai canoni estetici europei.

Gli oggetti più interessanti sono gli UKIYO-E termine che significa “mondo fluttuante” e che indicava un particolare tipo di stampe. 

Monte Fuji 1830 Hokusai

Il mondo dell’arte in Europa ha recepito immediatamente il nuovo gusto, e troviamo tracce di giapponismo in moltissime opere di questo periodo. Palazzo Roverella di Rovigo ha dedicato una splendida mostra a questo tema, aperta fino a gennaio 2019. 

Il giapponismo la passione per l’oriente all’epoca di Van Gogh

La passione per l’oriente: ventagli e kimoni

Ma, attenzione, ci sono stati due livelli di assimilazione.

In una prima fase, si vedono oggetti di foggia giapponese comparire qui e là nelle opere; le donne iniziano ad indossare kimoni ed esibire tradizionali ventagli giapponesi, ma non cambia lo stile delle opere d’arte.

Giapponismo e impressionismo

I pittori impressionisti attingono a piene mani all’arte giapponese, l’arte impressionista rimane affascinata dalle stampe giapponesi e ne copia gli oggett, ventagli e kimoni in primis.

Giapponismo in Italia

Vediamo quest’opera dell’italiano Girolamo Induno: è una scena domestica come tante del pittore, ma possiamo scorgere un paravento giapponese nell’angolo. E’ solo in questo dettaglio che l’arte giapponese entra in Italia.

In quest’altra opera, di Filadelfo Simi del 1895, vediamo un grande ventaglio giapponese, ma c’è qualcos’altro: il dipinto ci mostra decine di sfumature di bianco, sembra di madreperla: ecco che anche il gusto per le luminescenze perlacee ed i toni freddi vengono assimilati proprio dal gusto dell’arte giapponese.

In Italia in generale non si andrà molto oltre questo livello, mentre in Europa il giapponismo vive una seconda fase, nella quale penetra più in profondità nell’arte, modificandone non solo i soggetti, ma anche la struttura. 

Le caratteristiche dell’arte giapponese

Per capire bene, vediamo le differenze principali tra arte giapponese ed arte europea.

Notiamo che il Giappone ha uno stile grafico più che pittorico. Questo può essere un concetto difficile da capire, ma lo spiego meglio: le linee di contorno sono ben definite, ci sono segni grafici molto evidenti, quasi come se fosse una calligrafia.

(Kikugawa Elzan – Shinmel 1816)

I colori sono piatti, non si vedono le pennellate, e anche le ombre sono assenti. Per rappresentare il panneggio di una stoffa, l’artista europeo gioca con le sfumature per creare l’illusione del volume, l’artista giapponese, invece, dà il senso delle pieghe con dei segni fluidi e la texture del tessuto rimane piatta. 

Infine, anche la composizione è diversa: l’arte giapponese non teme di lasciare spazi vuoti e dispone i soggetti liberamente, senza che stiano per forza al centro del quadro, persino tagliandoli.

Il giapponismo: la passione per l’oriente all’epoca di Van Gogh

L’arte europea rivoluzionata dal Giapponismo

Verso la grafica ed il design

Vediamo come gli artisti europei hanno assimilato questi caratteri nelle loro opere. 

Gauguin ad esempio utilizza ampie campiture (zone in cui il colore è steso in modo uniforme), linee di contorno nette, colori squillanti e tagli compositivi del tutto inusuali, come questo tavolo con la frutta preso in modo molto ravvicinato. 

Nei famosi Rami di mandorlo di Van Gogh (1890): la composizione è tipicamente giapponese (si vedono i rami, non l’albero) con un gesto, un segno, nodoso, nervoso, calligrafico. 

Tolouse Lautrec 1894


In Regina di Gioia di Toulouse- Lautrec (1892): si vedono linee fluide, pochi colori che sono delle  macchie uniformi. 
Soprattutto notiamo il segno che diventa protagonista e taglio innovativo della composizione, con l’ultimo l’uomo che guarda fuori dal quadro, il tavolo in primo piano in diagonale, come se noi stessimo a guardare la scena da in piedi sopra il tavolo. 

Vediamo anche un’altra cosa fondamentale: delle parole.
Questo non è un quadro, è una locandina.
Stiamo entrando nel mondo della grafica e del design.
Il Giappone usava le scritte molto liberamente all’interno delle opere senza doverle “mascherare” o contestualizzare; questo torna utilissimo agli artisti europei che ora devono creare illustrazioni di libri o locandine per opere teatrali. 

Il Giapponismo è l’origine della grafica moderna

Vediamo una locandina di Beardsley, artista inglese, specializzato in stampe e disegni. Pochissimi colori, linee sinuose, lettere che mimano la scrittura giapponese. Notiamo anche la composizione molto verticale, che diventerà estremamente in voga verso la fine del secolo: la troviamo in Klimt, Maurice Denis e soprattutto Mucha. 

Il Giapponismo ci traghetta dall’Impressionismo al Liberty, quella forma d’arte della fin du siécle che fa della linea sinuosa, a colpo di frusta, la sua cifra stilistica.
Il Liberty attinge a piene mani al Giappone e si esprime soprattutto negli oggetti d’arte, vasi, piatti decorati e paraventi.
Andrà a creare le basi per il gusto del 900, verso l’essenzialità e il minimalismo, un gusto che sopravviverà soprattutto nelle arti applicate, e penetrerà nella moda, con abiti femminili dal taglio nuovissimo e nel design, nella pubblicità e nell’arredamento.