Il ‘900 ha rivoluzionato la storia dell’arte, stravolgendone il senso stesso. Gli artisti, in precedenza le sole figure professionali che “creare immagini”, si trovano a competere con la grafica, la pubblicità, la fotografia.
Gli artisti inventano non solo l’arte astratta, ma anche nuove concezioni dell’arte, dal ready made alla performance.
Alla luce di tutto questo, ci si potrebbe chiedere: ci sono artisti che hanno continuato a fare “figure”? E, soprattutto, che senso ha l’arte figurativa contemporanea?
In questo articolo vi racconto come l’arte figurativa del ‘900 sia spesso trascurata dai manuali di storia dell’arte; e tuttavia, la sfida di chi ha scelto la strada delle “figure” ha dovuto inventarsi un modo nuovo di farlo.
L’arte figurativa del ‘900 ha molte declinazioni: la metafisica, il surrealismo, il realismo magico; ognuna con un suo modo di reinterpretare la pittura tradizionale.
Per concludere vi racconto il fenomeno dei Pittori Moderni della Realtà.
Ogni “storia dell’arte” è una storia di scelte
E’ normale, guardando al passato, fare una selezione per raccontare una storia. Così quando guardiamo al ‘900 tendiamo a raccontare prevalentemente quelle forme d’arte più provocatorie ed innovative.
Prendete un manuale di storia dell’arte del ‘900. Troverete la rivoluzione cubista di Picasso, l’Astrattismo, le Avanguardie, nelle quali la Metafisica ed il Surrealismo galleggeranno come isole in un mare di forme astratte.
Poi l’arte del dopoguerra, l’Informale, l’Arte Concettuale, le performance, le installazioni, la video art… espressioni che si inanellano le une con le altre come evoluzioni di concetti simili portati sempre più all’estremo; provocazione dopo provocazione, gli artisti hanno cercato svuotare l’arte di se stessa e dei suoi meccanismi (la Sedia di Joseph Kosuth, il Piedistallo del Mondo di Piero Manzoni, l’arte venduta “al metro” di Pinot Gallizio).
Poi magari vi capita di andare a vedere una mostra come Surrealismo e Magia e osserverete perplessi varie opere degli anni ’50 e potreste pensare: davvero c’erano ancora così tanti surrealisti in giro, come 20 anni prima? Chi sono?
In realtà l’arte figurativa non se n’è mai andata, ma è semplicemente stata meno (o niente affatto) inclusa nei manuali di storia dell’arte.
Naturalmente “Arte Figurativa” significa molte cose diverse nel ‘900. Tuttavia c’è un filo conduttore tra tutti gli artisti che scelgono di rappresentare “figure”.
E non si tratta banalmente del fatto che siano presenti, appunto, delle figure riconoscibili (persone, oggetti, animali, paesaggi), ma anche di una continuità tecnica che si pone in connessione con un enorme (ed ingombrante!) passato, quando l’arte figurativa era l’unica opzione.
Questioni di tecnica, non solo di figure
Tecnica quindi. Soprattutto pittura, la pittura in senso tradizionale, ovvero la capacità mimetica di creare contorni riconoscibili, di dare all’occhio l’illusione di volume e profondità.
Se ci pensate, il filone non figurativo ha molte più opzioni tra le tecniche (o non-tecnica); anzi, la tecnica viene volutamente annientata già nel 1917 con la rivoluzione shock del ready-made di Marcel Duchamp: che bisogno c’è di dipingere e creare?
“Io artista” estrapolo un orinatoio e ne faccio una fontana.
Oppure io artista continuo ad usare l’elemento standard del colore, ma invece della “tecnica” (sfumature, stesure…) impiego una nuova componente, “il caso”, lasciando sgocciolare il colore: è il dripping di Pollock.
Scopri di più: ho parlato di Duchamp in L’arte è inutile
Il confronto con il passato
Il filone figurativo invece deve fare i conti con la tecnica e con il passato, con il “pittore di mestiere”, in un mondo però che è sempre più invaso da immagini… non artistiche. E questo è un paradosso. L’arte infatti per lunghissimo tempo non è stata altro che la professione del creatore di immagini. E adesso la società si sta riempiendo di immagini sulle confezioni del sapone, nelle vetrine dei negozi e sulle pagine della pubblicità.
Gli artisti che si ostinano a voler fare delle figure devono comunque fare qualcosa di diverso, di contemporaneo, di elevato, con gli stessi mezzi di un grafico, in competizione con il mezzo sempre più efficace, economico e popolare per catturare le figure: la fotografia.
E come si fa?
Scopri di più: tecniche e parole dell’artista di mestiere, il glossario artistico
Il vero problema dell’arte figurativa (e le soluzioni)
La sfida dell’arte figurativa dal ‘900 è molto meno banale di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Riuscire ad essere tecnicamente all’altezza, a non realizzare qualcosa di già visto e a trasmettere quell’artisticità, quel senso poetico, assoluto, elevato… non è scontato.
Moltissimi artisti ci si sono cimentati con successo (e continuano a farlo), trovando strade nuove e nuovi significati alla pittura di figure. E forse sta nascendo anche una nuova attenzione a questo filone mai spento che, come una corrente sotterranea, ha continuato a scorrere vivace.
Il Surrealismo
Una soluzione che si è rivelata estremamente fertile è quella citata del Surrealismo: figurativo sì, ma utilizzando le figure “sopra la realtà”. Qui l’arte figurativa è onirica e magica, con riferimenti alla psiche, ai sogni, ai tarocchi, al folklore. E la sua stagione e diffusione sono molto più ampie di Magritte.
La mostra già menzionata Surrealismo e Magia al Guggenheim di Venezia ha tra l’altro messo in rilievo come la presenza femminile in questa corrente fosse decisamente elevata, con artiste come Leonora Carrington, Remedios Varo, Leonor Fini, Dorotea Tanning.
Ubaldo Oppi LA GIOVANE SPOSA 1922-1924
olio su tela Musei Civici,
Museo d’Arte Medioevale e Moderna, Padova
Il realismo magico
Non così al di sopra della realtà si pone il Realismo Magico. Esso non è così apertamente onirico, ma riesce a trasmettere la sua magia proprio dall’esattezza delle figure e dalla precisione meticolosa delle forme. E’ così meticolosa da trasformare il reale in irreale, proprio perché la vita reale è molto più morbida e sfrangiata di un’opera di Felice Casorati o Mario Sironi. Anche questo tema è stato affrontato in varie mostre, per esempio Realismo Magico a Milano (2021), Ubaldo Oppi a Vicenza (2021), Felice Casorati a Parma (2023).
La Metafisica
Non si può non menzionare Metafisica, anche se nei manuali di storia dell’arte è ben rappresentata. Non possiamo tuttavia tralasciarla dato che… per definizione è la realtà della realtà (meta-fisica significa proprio questo).
Giorgio De Chirico è l’incarnazione stessa di questa corrente, e forse il suo limite, tanto che chiunque altro si avvicini alla Metafisica non può non essere accostato a De Chirico. Nelle mostre, gli allestimenti sottolineano quasi sempre le fasi metafisiche di un pittore esponendolo accanto ad un’opera dell’inventore della Metafisica.
De Chirico, Il cervello del Bambino
I pittori moderni della realtà
Una mostra recente ha portato il focus su un altro interessante gruppo di artisti, i pittori moderni della realtà. Questa mostra ha viaggiato partendo dal Mart di Rovereto, espondendo nelle Marche, e ora si trova al Musei Le Carceri di Asiago (VI).
Si tratta di un gruppo di pittori che ha dichiaratamente voluto porsi in dura contrapposizione alle varie invenzioni dell’arte contemporanea, per tornare ad un’arte pura, figurativa, in punta di pennello. Espongono insieme solo per un periodo brevissimo tra il 1947 e il ’49, ma le loro carriere individuali esplorano il realismo per un periodo molto più lungo.
Qui il realismo è talmente in continuità con il passato da presentare persino un meraviglioso ritratto della giovane Regina Elisabetta II d’Inghilterra, come nella più grande tradizione dei ritratti dei reali (opera di Pietro Annigoni).
Delle tre opere esposte in questa sala al museo Le Carceri, le due laterali sono due nature morte di Gregorio Sciltian, rispettivamente del 1936 e 1935; quella centrale invece è seicentesca, di un pittore di stampo caravaggesco.
L’ultima immagine è Viaggio in Italia, sempre di Sciltian.
Nel loro manifesto dichiarano: “Noi ricreiamo l’arte dell’illusione della realtà, eterno e antichissimo seme delle arti figurative. Noi non ci prestiamo ad alcun ritorno, noi continuiamo semplicemente a svolgere la missione della vera pittura.“
I riferimenti al passato sono dichiarati ed evidenti, ed infatti la mostra espone in un paio di casi anche opere del passato, come nel confronto tra una natura morta di stampo caravaggesco ed una di Giorgio Sciltian del 1936.
Di Sciltian anche un riferimento al Grand Tour, con tanto di guida d’Italia in tedesco (come non pensare al viaggio di Goethe?), con un sovraffollamento di simboli che piacerebbe ad un rinascimentale: l’alloro dei poeti, Il volume di Stendhal, fotografie, un disegno di Leonardo, segnalibri tricolore e anche gli occhiali, così potete guardare bene tutta l’opulenta meraviglia del Bel Paese.
Modernità all’antica
Anche senza il confronto diretto, non posso non notare mille richiami ai grandi del passato: li trovate nella galleria immagini qui sotto come esempi per un confronto.
Nell’opera Evelina di Bueno Xavier, ad esempio, vedo dei frutti che sembrano colti dalle pale di Mantegna; In Guarienti trovo invece un senso della materia delle suppellettili domestiche che mi ricorda Chardin.
Nei ritratti di Antonio Bueno, mi affascinano i sottili dettagli di gusto fiammingo.
Il suo “Nudo con fiori” ha la luce fredda, la palette cromatica ed i silenzi di Vermeer. Tuttavia, il suo sguardo innocente ma consapevole e l’essenzialità dell’arredamento sono perfettamente novecenteschi.
L’autoritratto di Pietro Annigoni è apertamente ispirato a Gericault e ai suoi alienati, mentre diretta è la citazione dell’Olympia di Manet nella natura morta con i tubetti di colore di Xavier Bueno: un omaggio della pittura a se stessa.
Anacronismo o “vera pittura”?
Un passato rivissuto, reinterpretato, talvolta apertamente imitato in onore di quella che essi consideravano “la vera pittura”. Sono opere anacronistiche? Forse talvolta lo sono, e tuttavia sono anche un pezzo di contemporaneità.
Dopo la breve esperienza condivisa questo gruppo prende strade diverse, a riprova che il figurativo e la realtà stessa hanno tante voci e tante espressioni.
Conclusione
La pittura figurativa non è tendenzialmente ciò per cui è ricordato il ‘900, e spesso le necessarie schematizzazioni della storia dell’arte tendono a sorvolare sulle esperienze figurative e a concentrarsi sugli aspetti più innovativi e provocatori di questo secolo, nel quale la creazione delle immagini è diventata sempre meno appannaggio degli artisti e sempre di più di grafici e fotografi.
Tuttavia, le correnti e gli artisti figurativi sono stati molti e vari (e questo articolo non è certo esaustivo in merito). L’arte figurativa del ‘900 a dovuto trovare una nuova identità, competere con nuove immagini e fare i conti con un passato ingombrante a cui però ha continuato ispirarsi.
Perciò, quando vi soffermerete su un’opera figurativa contemporanea la prossima volta provate a chiedervi: come vince la sua sfida dell’essere moderna utilizzando un linguaggio così antico?
E magari, quell’opera vi parlerà.